- Prendo spunto dalla riflessione di un mio amico su FaceBook sulla legalità e in particolare sul divieto di vendita e acquisto di prodotti contraffatti o (rubati?) sulle spiagge.
- Qui non interessa tanto parlare di migranti, vu cumprà e simili o solo di quella merce che danneggia a vario titolo i commercianti, ma prendere l’avvio per fare un ragionamento su un ambito apparentemente diverso, ma che a mio avviso corre, se non sullo stesso binario, almeno su quello immediatamente accanto.
- È una riflessione che può interessare tutti quelli che vivono del prodotto del proprio intelletto: artisti, autori, giornalisti, creativi, ecc ecc. Occorre ripensare, in Italia, tutto il sistema intorno a ciò che è legale e ciò che non lo è.
- Il problema dunque non si pone solo per i commercianti o altre categorie similari e non riguarda solo la contraffazione o la vendita abusiva o meno di merce, ma anche per quei soggetti che, vivendo del loro prodotto intellettuale, autorale, artistico e creativo, a vari livelli, in Italia non sono per nulla, o poco più, tutelati (la SIAE è utile solo ai cosiddetti grandi nomi, per il resto non tutela molto, perchè in Italia non c’è una vera e propria legge che stabilisca una volta per tutti i confini chiari e invalicabili di cosa sia di proprietà, quando si tratta di prodotto creativo, e a chi appartenga; è tutto lasciato in mano alle interpretazioni degli avvocati).
- Non sarebbe legale scaricare video e musica su YouTube ma lo si fa, non sarebbe legale copiare battute o frasi e usarle sia a titolo personale per riproporle “simpaticamente” sul proprio profilo o usarle per monologhi comici realizzati da artisti, che ci guadagnano fior di quattrini, usandole poi senza nemmeno citare la fonte, ma lo fanno.
- Non sarebbe legale mandare in onda immagini senza il consenso di chi viene ripreso, ma Facebook e i vari social rompono continuamente questa regola e vengono immortalate milioni di persone che nemmeno sanno di essere state riprese o fotografate.
- Non sarebbe legale usare una foto senza dichiarare la provenienza o perlomeno metterci la didascalia dell’autore, ma lo fanno.
- La legalità sembra sempre e solo riguardare l’appropriazione indebita di cose, merci, e attività tangibili , ma invece questa si nasconde anche tra le pieghe di quei gesti quotidiani di chi si appropria di prodotti all’apparenza impalpabili e che sono difficili da definire, e che lo fa una apparente innocenza o ad arte per lucrarci. Tali “oggetti” ideali andrebbero comunque presi in considerazione e catalogati come reali e portati all’attenzione di chi dovrà legiferare se si vuole che nessuna categoria e nessun comparto siano esclusi dal controllo capillare o perlomeno da una super-visione più ad ampio spettro.
- Insomma credo che occorra un cambio prima di tutto culturale e ripensare ciò che è il prodotto della mente: la produzione e l’utilizzo delle idee. L’immateriale dovrebbe assurgere a “prodotto” e diventare oggetto semi-artigianale così da poterne meglio definire il valore, l’uso e l’applicabilità, senza però essere reificato e di conseguenza entrare nella catena industriale della semplice riproducibilità tecnica. L’Italia più che ripartire dall’industria, cosi come è stata fino ad ora proposta, penso a quella ‘automobilistica, siderurgica o pesante, si dovrebbe proiettare verso lo sviluppo di quella leggera, in-forme, che mette In Forme il pensiero, che è infinito, ecologico e che si autoalimenta. È un’energia rinnovabile. Un motore instancabile di progresso e opportunità soprattutto per il presente, non solo per il futuro.
- È dunque dando valore e diritto alla cultura delle idee e le idee della cultura e delle Culture e della creatività che potrebbero ridare credibilità, nuovo sviluppo e nuove opportunità lavorative ad un popolo che invece di aprirsi, di liberare energie positive, si sta di nuovo chiudendo e imprigionando in schemi cultural-antropologici che potrebbero pericolosoamente riportarlo all’età della pietra o al massimo a quelle età del ferro o di una qualsiasi altra “lega”.