- Da tempo ormai mi diletto a scrivere e pubblicare battute comiche o satiriche; devo ammettere che queste ultime mi divertono e forse mi riescono un po’ meglio, tanto è vero che da un paio d’anni collaboro con pagine importanti che si occupano proprio di satira.
Vorrei perciò fare una riflessione su cosa è, o perlomeno cosa sia per me, una battuta, di satira in special modo. - Parto dal presupposto che la battuta in genere non debba riflettere necessariamente il reale pensiero, o lo stato d’animo, di chi la formula, o almeno non quello che al momento genera il lazzo, anche se ovviamente si poggia su un sentire che caratterizza in quel preciso istante la “creazione” e si basa sul background dell’autore, culturale, politico, ecc ecc.
- A volte si fanno battute, perché si è semplicemente avuta un’intuizione, che non per forza di cose ha anche un appiglio reale, anzi spesso si lavora sulle associazioni o di idee o di parole o di immagini. Le battute diventano meta-metafore, che nascono da situazioni anche lontane fra loro, ma che, messe a confronto o accostate, si incontrano su un terzo terreno, che è quello di una nuova realtà, che si crea in questo avvicinamento: spesso questa nuova realtà non ha nulla in comune con quella di partenza, ma trova un nuovo significato in un significante che si crea ex novo.
- Per venire invece più precisamente alla Satira, quella caustica, graffiante, cattiva o trasversale, senza padroni o senza legami con uno schieramento o con un altro, questa non ha l’obbligo di far ridere, ma in realtà dovrebbe far riflettere, anche indignare, spiazzare, portarci in un’altra dimensione, che può sembrare a prima vista surreale, ma mai surrettizia, perché, più che nascondere un fatto, lo rivela in tutta la sua nudità e crudezza, o se vogliamo naturalezza.
- La satira spesso può generare anche ribrezzo, schifo e obbrobrio, mentre la battuta di per sé eminentemente comica genera la risata che a volte risulta essere terapeutica e lenitiva, ovvero ammorbidisce, stempera la notizia, che magari era già in sé dura da digerire: in qualche modo la rende anche accettabile.
- È per questo che i grandi della storia, se realmente intelligenti o meglio furbi e scaltri, lasciavano che il popolo ridesse di loro.
- Un esempio lampante è Andreotti, che mai si è preso la briga di fustigare o riprendere chi lo satireggiava. La satira prova a far vedere le cose da un angolo visuale diverso, le distorce anche, le riflette in uno specchio increspato: non deve quindi darci per forza l’immagine nitida, precisa e pulita, anzi la rende sporca, come a dirci “Questa che stai guardando non è la realtà, ma una tua interpretazione”, e si sa, le interpretazioni sono sempre e soltanto soggettive, sottostanno alle esperienze, al modo di affrontare la realtà che ognuno di noi vive in base al proprio vissuto, che raramente coincide con quello di un altro.
- Alla satira si chiede di essere sempre trasversale, ma quando ci colpisce direttamente, la si accusa di essere poco obiettiva e faziosa.